“Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, recensione libro
La genesi dell’opera
Nell’anno 1958 Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scrittore siciliano appartenente a una famiglia aristocratica, pubblica “Il Gattopardo”. In realtà l’autore scrive l’opera tra il 1954 e il 1957 e in esso lo scrittore volle raccontare le vicende di una famiglia dell’aristocrazia palermitana, i Salina, ispirandosi alla sua stessa famiglia (non a caso il nonno di Tomasi di Lampedusa si chiamava Giulio Fabrizio Tomasi e il protagonista del libro Don Fabrizio).
E’ ironico pensare che inizialmente due importanti case editoriali quali Mondadori ed Einaudi rifiutarono l’opera, poi pubblicata solamente dopo la morte dell’autore dalla Feltrinelli, grazie al prezioso aiuto di Elena Croce, figlia di Benedetto Croce che, dopo aver ottenuto il manoscritto da un paziente della moglie psicoanalista di Tomasi di Lampedusa, convinse Giorgio Bassani a pubblicare l’opera. Il libro, vincitore del Premio Strega nel 1959, è considerato tutt’ora essere una delle opere più importanti della letteratura italiana.
La ragione del suo successo de Il Gattopardo
Il principale motivo ad aver reso “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa un’opera così centrale nella storia della letteratura nostrana moderna, ma non solo, è l’incredibile capacità dell’autore palermitano di sfruttare il racconto delle tortuose vicende della famiglia dei Salina per raccontare in realtà un complesso momento storico, soffermandosi soprattutto su un aspetto, evidentemente molto sentito dalla stessa famiglia dello scrittore: la decadenza dell’aristocrazia e la crescente influenza della nuova classe borghese.
Rispetto a tanti romanzi, in cui è il periodo storico a fare da cornice agli snodi della trama, potremmo quasi dire che qui avviene l’esatto contrario, per cui ogni vicenda, ogni discorso, ogni dialogo, ogni ragionamento, riguardano in modo molto stretto e anzi, spesso sembrano proprio fungere da narrazione, a ciò che stava avvenendo nel Risorgimento.
La visione e lo stile dell’autore ne Il Gattopardo
Nella descrizione dei vari personaggi che si muovono sulla scena, Tomasi di Lampedusa si pone in una posizione pessimistica, che si manifesta nell’analisi della decadenza dell’aristocrazia. Nonostante ciò, il clima del libro non si fa mai pesante, perché l’autore gioca abilmente anche con l’ironia. Essa emerge in particolar modo nelle varie osservazioni di Don Fabrizio riguardo ai costumi della classe borghese, della società e in vari dialoghi con personaggi quali Don Calogero e Don Pirrone.
Lo stile dello scrittore è ricco e raffinato, tanto da poter apparire spesso artefatto e forse persino compiaciuto nelle lunghe descrizioni degli ambienti, delle emozioni. In realtà tuttavia è sempre funzionale al fine di rappresentare un’aristocrazia ancora ricca e sfarzosa, ma in realtà in una condizione di lento logoramento, che Don Fabrizio si limita ad analizzare e ad accettare, senza mai opporvisi realmente.
Infatti, “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” è probabilmente la frase divenuta più celebre dell’intera opera. Tale frase rappresenta la triste consapevolezza che per preservare il proprio status bisognerà solamente adattarsi agli inevitabili cambiamenti della società. Nel complesso, una panoramica storica di rara complessità e accuratezza.
Nel 1964 Luchino Visconti girerà un celebre film tratto dal libro, con protagonisti attori del calibro di Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale. L’opera riporterà abbastanza fedelmente i temi e le atmosfere del libro.