La giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Se domani non torno brucia tutto

Il 25 novembre si è svolta la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

In questo periodo si sta parlando molto, fortunatamente, di questo argomento, a causa della morte di una ragazza giovanissima, che è stata torturata e massacrata e infine, come se non fosse stato abbastanza, è stata buttata giù da un burrone per finire in un lago. Questa ragazza si chiamava Giulia Cecchettin. Era una ragazza di 22 anni, che si sarebbe dovuta laureare il giorno dopo il suo omicidio. Per colpa di Filippo Turetta, il suo ex fidanzato, il suo sogno è stato infranto. Giulia è stata uccisa per gelosia, perché lei si sarebbe laureata e lui no, perché Filippo non era riuscito a sopportare l’idea di poter essere lasciato da una ragazza.

Questo omicidio ha fatto parlare e riflettere molto, perché tutti i ragazzi dicono tutti “ma io non lo farei mai” o “qualsiasi cosa dovesse succedere, io una donna non la sfiorerei neanche con un fiore“. Ed ancora “non solo le donne vengono uccise, anche gli uomini”. Eppure, continuano ad aumentare sempre di più le donne vittime di violenze, abusi e omicidi da parte di uomini, anche dopo la morte di Giulia.

Le donne hanno sempre più paura.

Ormai, la maggior parte delle donne e delle ragazze ha sempre più paura di uscire di casa o di prendere dei mezzi pubblici da sola, perché sa in che mondo viviamo e quindi comprende bene cosa le potrebbe succedere. Però, anche se la colpa di tutto ciò è solo e unicamente degli uomini che non sanno accettare un rifiuto o che non sanno come controllarsi alla vista di una ragazza, la colpa viene sempre fatta ricadere sulle ragazze. Forse perché indossavano una gonna troppo corta? Perché avevano bevuto più del dovuto? Perché erano da sole in metro o in treno? Tutto questo non è un alibi per l’uomo e non può essere considerata una colpa delle donne

Le scarpe e le panchine rosse come simbolo

Come simbolo per la violenza sulle donne vengono usate le scarpe e le panchine rosse.  Viene usato il rosso perché indica la rabbia e l’amarezza, che sono i sentimenti prevalenti: la panchina rossa è il simbolo della violenza fisica, di quella psicologica e degli abusi che le donne subiscono nel contesto familiare, lavorativo e, più in generale, nella vita di tutti i giorni. Violenza che, ormai sempre più spesso, sfocia disumanamente nel femminicidio. Le cronache, purtroppo, ci narrano quotidianamente episodi di violenza sulle donne ed è ormai evidente la necessità di una presa di coscienza collettiva, dell’azione e dell’impegno del singolo nel denunciare e contrastare tali situazioni e comportamenti, purtroppo, dilaganti.

Sorridere è un tuo diritto. Fermare la violenza è una scelta, facciamola insieme

Sorridere è un tuo diritto. Fermare la violenza è una scelta, facciamola insieme” questo è stato lo slogan di questa manifestazione.

Oltre a questo slogan, però, riteniamo opportuno condividere anche il monologo scritto da Cristina Torres-Cáceres, un’architetta peruviana. Tradotto in molte lingue, ne riportiamo il testo completo in italiano:

Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero.
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli.
Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l’alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome.
Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.
Ma, per carità, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.
Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.

Il 25 novembre si è svolta la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ma noi della redazione de L’eco di Villa Sora siamo pronti a dire “No” ogni giorno.

 

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