La maturità dell’arcobaleno

«Quando l’ultimo giorno di scuola, dell’ultimo anno di liceo, suona la campanella dell’ultima ora, tu sei convinto che quello sia l’ultimo momento della tua adolescenza, senti il bisogno di sottolineare l’evento con una frase storica tipo “che la forza sia con noi” oppure “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo”». (1)
L’ultimo giorno di scuola, per i maturandi di ogni generazione, porta con sé una malinconia dolce-amara, il suono della campanella, spesso alleata degli studenti, con la sua voce metallica saluta per l’ultima volta quei ragazzi ormai divenuti adulti, lasciandoli andare incontro alla vita, senza che le loro strade possano incontrarsi di nuovo; eppure, quest’anno, il loro addio non ci sarà. La classe 2020 si è salutata, auguranUnknowndosi il domani, in una ventosa giornata di marzo. La Maturità 2020 non vedrà folle di studenti accalcarsi nell’atrio per salutarsi prima del grande evento, non vedrà neppure arrivare le richieste d’informazioni sui nomi dei commissari esterni: “ qualcuno lo ha mai avuto? Com’è, severo?” e i pesanti dizionari della seconda prova rimarranno nascosti nelle librerie, iniziando ad invecchiare senza aver potuto ricevere dalla loro “platea” ringraziamenti di nessun tipo. A causa dell’emergenza Corona Virus il MIUR ha scelto di cancellare le prove scritte e mantenere, come unico esame, l’orale. L’euforia dei primi giorni, quando gli spettri delle prove d’indirizzo erano stati scacciati, ha lasciato spazio ad uno strano sapore amaro: gli studenti si sono visti togliere la possibilità di mettere a frutto le ore passate a studiare nelle proprie camere, chini su quei libri che, spesso, li avevano portati a maledire la scelta del proprio indirizzo di studi.
La notte prima degli esami, notte di lacrime e preghiere, apparentemente uguale a quella di sempre, porterà con sé timori che non potranno essere sciolti dal calore di una risata condivisa con i propri amici di sempre, quelli con cui si è cresciuti, con cui si ha pianto, quelli che “tanto prendi 20/20, di che ti preoccupi?”, gli stessi che avresti voluto come testimoni durante “l’ultimo giro” prima del traguardo. Quella notte ancora nostra che qualcuno si è portato via, rubandoci la possibilità di sbagliare una volta di più, di uscire di casa in piena notte solo per guardarsi negli occhi, difronte ad una birra ghiacciata, cristallizzando quei pensieri che ci tormentano, impedendoci di dormire. Una notte che sarà vissuta alla finestra, con la speranza che l’alba ritardi di qualche ora il suo arrivo per permetterci di allontanare, fosse anche per soli cinque minuti, l’epilogo della nostra prima vita di studenti. Chissà se poi, quando arriverà a carezzarci il viso, potremo indossare quel tailleur scelto con tanta cura nei mesi precedenti per presentarsi difronte alla Commissione o se lo indosseremo solo per noi, le mura delle nostre “camerette” come uniche testimoni, improvvisamente piccole e anguste. Si vivono questi giorni con la speranza di poter sedere, un’ultima volta, su una di quelle scomode sedie di legno che, per anni, ci hanno tirato i capelli, strappato calze, quelle “tatuate” con le scritte di chi, prima di noi, ci si è seduto sopra, bisognosi di immortalare il proprio amore per quel compagno o compagna di cui si ricorderanno, negli anni, le follie fatte per conquistarlo. La necessità di soffiare via con un abbraccio, da condividere con i propri docenti, i timori che ci faranno tremare le gambe durante l’esame, sarà sostituita da un intreccio di sguardi, stretti l’uno all’altra, senza mai lasciarsi, a difenderci, per l’ultima volta in quella veste, dalle paure che vengono a tormentarci, mostrandoci che, non importa quanto stanchi o provati, il coraggio di cui avremo bisogno potremo sempre trovarlo nei nostri cuori; con il desiderio di poter riconoscere i colori reali delle iridi che avremo davanti e di poter guardare, per la prima volta dopo mesi, un viso che non veda i propri tratti alterati dai pixel di una scarsa connessione, a nasconderne la bonaria natura.
Quando suona la campanella dell’ultimo giorno, dell’ultimo anno di liceo, senti il bisogno di immortalare il momento con una frase storica, ma, i maturandi 2020, non avranno bisogno di prendere in prestito voci di altri, ne avranno una inedita, colorata di un verde intenso: “ce la faremo”.

1) Notte prima degli esami, 2006, regia di Fausto Brizzi

 

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