Intervista ad Andrea Benassi da Parigi

eiffel-tower-1156146_640Gli attacchi terroristici che minacciano la serenità delle nostre comunità si fanno sempre più frequenti e imprevedibili, possiamo analizzarne le dinamiche e le fasi di progettazione ma l’aspetto che incide di più sulle coscienze di noi spettatori è l’impatto emotivo sulle persone che si trovano a vivere, loro malgrado, un’esperienza crudele. Abbiamo intervistato Andrea Benassi, ex-allievo di Villa Sora, che da qualche anno vive a Parigi come affermato professionista.

Grazie Andrea per la tua disponibilità, puoi presentarti spiegandoci intanto quale percorso della tua vita ti ha condotto da studente di Villa Sora a professionista a Parigi?
Dopo la laurea in Ingegneria, ho cominciato la mia carriera nel mondo delle telecomunicazioni in Ericsson Italia, dove ho lavorato per circa dieci anni. Nella seconda metà della mia esperienza lavorativa presso questa azienda, ho avuto la possibilità di viaggiare molto all’estero per lavoro e l’ultimo progetto prima di lasciare “mamma Ericsson” è stato proprio qui in Francia, a Parigi. Chiusa l’esperienza italiana, sono stato chiamato dai responsabili francesi per tornare a lavorare presso di loro, per un progetto che inizialmente sarebbe dovuto durare un anno… Ma più di quattro anni dopo sono ancora qui.

Quale attività professionale svolgi a Parigi?
Lavoro presso uno degli operatori telefonici mobili francesi, Bouygues Telecom, come responsabile dell’industrializzazione delle operazioni radio.

Ti ho contattato per ascoltare una voce che ha vissuto in diretta l’attacco terroristico di Parigi dello scorso novembre, un attentato che ha sconvolto gli animi di tutto il mondo. Qual è stata la reazione di chi vive quotidianamente la città di fronte all’attacco ad una capitale ritenuta fino a quel giorno intoccabile?
In realtà la Francia vive con un livello di protezione elevato già da parecchio tempo prima degli attentati dello scorso anno, in particolare dal 1995, dopo la bomba nella stazione di Saint-Michel. Quindi per loro è stato un rivivere quelle esperienze, malgrado la dinamica differente.

La reazione della popolazione a tale sventura è stata conforme alla tue aspettative o ipotizzavi un atteggiamento diverso dai concittadini?
La reazione è stata relativamente calma, per quanto possibile. Il forte spirito nazionalistico dei francesi, che noi prendiamo spesso in giro, ha permesso alla nazione di unirsi per reagire agli attacchi.

Ti sei mai pentito del trasferimento, pensando che rimanendo in Italia avresti potuto evitare di rischiare la vita a causa di tale attacco?
No, la vita non può e non deve fermarsi a causa di questi eventi: lo scopo di queste organizzazioni è quello di seminare il terrore e non bisogna cedere a questo ricatto.

Secondo te perché è stata scelta proprio Parigi?
Bella domanda. Il coinvolgimento militare della Francia in Medio Oriente e in Africa è sicuramente una delle cause, ma poi ci saranno sicuramente anche fattori “locali”.

Hai qualche parente o persona cara colpita direttamente dagli attacchi?
La sera degli attentati di Novembre, appena saputa la notizia, ho contattato gli altri amici per sapere se stavano bene. Tutti erano a casa, tranne uno che si trovava a cena in un ristorante italiano a pochi metri dal Bataclan. Siamo rimasti in contatto con lui via WhatsApp fino alle 3 del mattino, quando è potuto uscire dal ristorante che durante l’attacco aveva chiuso la saracinesca. Il mio post su Facebook del lunedì seguente riassume lo stato d’animo di quei giorni : “Tra colleghi che erano allo stadio, altri in giro per la città ed altri che hanno perso qualcuno di caro, oggi ci si racconta… e ci si conta”

Cosa ricordi in generale di quella giornata?puo fare un breve resoconto della tua esperienza?Avevi notato qualcosa di sospetto durante il corso della giornata?
A gennaio durante gli attacchi a Chiarlie Hebdo mi trovavo in ufficio, mentre a novembre ero in casa e in entrambi i casi niente lasciava presagire quello che poi è successo.

I controlli sono aumentati dopo gli attentati? È cambiato il modo di vivere? Se sì, come?
I controlli sono aumentati dappertutto, dal lavoro ai luoghi pubblici. Si viene perquisiti all’ingresso dei centri commerciali e quando si entra in ufficio.
Tu personalmente ora ti senti limitato in questa città?
No, vivo la mia vita, continuando a fare quello che facevo prima. Indubbiamente facendo più attenzione, ma senza cadere nel panico.
I numerosi attentati hanno suscitato in voi un sentimento di ribellione e conseguente intolleranza nei confronti delle varie etnie?
I telegiornali riportano un aumento di atti anti-musulmani nello scorso anno, anche se la maggior parte di questi non sono passati alla televisione. Ma il governo continua a deprecare ogni tipo di intolleranza contro etnie e religioni. Una recente campagna mediatica molto forte è stata lanciata su questo tema.

Ritieni che la nazione viva ancora nella paura o abbia recuperato la sua posizione di leader?
Il livello di allerta è sempre alto, ma questo non impedisce al paese di continuare la propria crescita politico-economica.

 

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